Non era ancora stata spenta la luce, quando un tremito particolare cominciò a colpire la rete sotto la quale giacevano i tre bambini.
Consisteva in una moltitudine di graffi sordo che producevano un suono metallico, come se artigli e denti stessero rosicchiando il filo di rame. Il piccolo di cinque anni, sentendo questo baccano sopra di sé, e freddo per il terrore, si avvicinò al gomito del fratello; ma il fratello maggiore aveva già chiuso gli occhi, come aveva ordinato Gavroche. Allora il piccolo, che non riusciva più a controllare il suo terrore, interrogò Gavroche, ma in tono molto basso e con il fiato sospeso:--
"Signore?"
"Ehi?"Ehi?", disse Gavroche, che aveva appena chiuso gli occhi.
"Che cos'è?"
"Sono i topi", rispose Gavroche.
E posò di nuovo la testa sulla stuoia.
I topi, infatti, che brulicavano a migliaia nella carcassa dell' elefante, e che erano le macchie nere viventi di cui abbiamo già parlato, erano stati tenuti in soggezione dalla fiamma della candela, finché era stata accesa; ma non appena la caverna, che era uguale alla loro città, era tornata all'oscurità, sentendo l'odore di quella che il buon narratore Perrault chiama "carne fresca", si erano lanciati a frotte sulla tenda di Gavroche, vi si erano arrampicati in cima e avevano cominciato a mordere le maglie come se cercassero di bucare questa nuova trappola.
Ancora il piccolo non riusciva a dormire.
"Signore?" ricominciò.
"Ehi?" disse Gavroche.
"Cosa sono i topi?"
"Sono topi."
Questa spiegazione rassicurò un po' il bambino. Aveva visto topi bianchi nel corso della sua vita e non ne aveva paura. Tuttavia, alzò di nuovo la voce.
"Signore?"
"Ehi?" disse di nuovo Gavroche.
"Perché non hai un gatto?"
"Ne avevo uno", rispose Gavroche, "ne ho portato uno qui, ma se lo sono mangiato"."
Questa seconda spiegazione vanificò il lavoro della prima e il piccolo amico ricominciò a tremare.
Il dialogo tra lui e Gavroche ricominciò per la quarta volta:--
"Monsieur?"
"Ehi?"
"Chi è stato mangiato?"
"Il gatto."
"E chi ha mangiato il gatto?"
"I topi."
"I topi?"
"Sì, i topi."
Il bambino, costernato, sgomento al pensiero di topi che mangiavano gatti, continuò:--
"Signore, quei topi ci mangerebbero?"
"Non è vero!" eiaculò Gavroche.
Il terrore del bambino aveva raggiunto il culmine. Ma Gavroche aggiunse:--
"Non aver paura. Non possono entrare. E poi, ci sono io! Ecco, prendi la mia mano. Trattieni la lingua e chiudi gli occhi!