Un istante dopo una risata bassa, fresca come aria nel buio della notte, la colpì facendola trasalire.
- Le ha quasi staccato una mano e lei si mostra indifferente – commentò una voce profonda alle sue spalle – Ma non mi sarei aspettato nulla di meno da Eloise Weiss: per ottenerla, quella mano, bisogna strappargliela.

Virginia De Winter

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Eloise sgranò i suoi titoli con l’indifferenza colpevole con cui avrebbe gettato in terra noccioli di ciliegie, poi lasciò scivolare via nella nebbia una fuggevole visione di lisci capelli di un biondo intenso intorno a un viso dai lineamenti affilati.
Studente anziano, Duca dell’Ordine della Chiave e componente del senato studentesco; secondogenito dei Vandemberg, la famiglia regnate della Nazione Sovrana di Aldenor. Principe del sangue e Principe dello Studium. Elegante, dissoluto, galante.
L’incarnazione stessa dello scholaro delle ballate da osteria.

Virginia De Winter

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I giardini dei morti sbocciavano di notte, fasci di fiori imbalsamati dal gelo sotto una luna immobile nella sua corte di nuvole inginocchiate alla base del cielo, sul tratto di un orizzonte di croci e mausolei che disegnavano di marmo e ombra il profilo di un silenzio interminabile.

Virginia De Winter

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Una statua dallo splendore del marmo di luna e una bellezza straziante da fare desiderare anche l’Inferno per poterla vedere ancora. L’aveva distratta per un istante, emergendo sul terrore folle che le invadeva il cervello.
Né morto né vivo, una creatura del sangue che cammina per l’eternità su quella soglia che agli umani è consentito varcare una volta soltanto, senza ritorno

Virginia De Winter

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E chi se non lui poteva sapere meglio di chiunque che lei avrebbe continuato a sorridere anche se davvero le avessero staccato una parte del corpo, un braccio, una mano, un pezzo di carne da dentro il petto.
La sua voce proveniva da dietro le sue spalle, nella perfetta raffigurazione del colpo sferrato alla schiena.
A tradimento

Virginia De Winter

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Ve l'ho detto, Axel, e ve l'ho dimostrato: il mio amore non è il peggiore degli inferni."
Lui si mosse le labbra, lottando contro la disperazione. "Così avete reso inferno un amore che mi ha accompagnato per tutta la mia esistenza".

Virginia De Winter


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Donne", commentò, sinceramente incredulo e del tutto incurante di averne una davanti. "Campassi cent'anni non le capirei mai e, nel caso dovesse succedere, andrei immediatamente a farmi esorcizzare".

Virginia De Winter

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Improvvisamente lei si sentì fragile come un bicchiere. Cristallo spesso e tenace, poteva cadere al suolo senza riportare alcun danno oppure sbeccarsi in un angolo restando comunque intero. C’era però un punto, un punto preciso che, se avesse colpito il suolo, lo avrebbe fatto esplodere in mille frammenti, tanto da rendere impossibile riconoscere che forma avesse avuto in origine. Frantumata, sgretolata.

Virginia De Winter


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La risata di Axel suonò tenera e, seppure molto bassa, ne riconobbe il suono che le ronzò nelle orecchie con il calore di una notte estiva. Aveva sempre amato sentirle proferire qualcosa di oltraggioso.Rimpianto, nostalgia. Le rivolse uno sguardo che sembrava cancellare le distanze tra loro, calpestando la polvere delle strade che li separavano e trasformandola in oro.

Virginia De Winter


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Se lui avesse potuto dire il suo nome ancora una volta, a voce così bassa da poterla sentire invece che ascoltarla.Se lo avesse fatto, così piano da non permettere alla veglia di ricordarle perché quel suono non poteva più renderla felice.Se solo non avesse mai smesso di piovere.Eloise, sei sveglia?Sì, e non voglio.Sotto la mano il cuscino era fresco e morbido, negli spazi tra le sue dita se ne insinuavano altre, calde e dure perché abituate a riempire di lusinghe l'elsa di una spada, non solo la pelle di una donna. Prendeva la sua una mano fatta per accarezzare e per uccidere.Una mano che l'aveva accarezzata, e poi uccisa.«Axel».Forse c'era stato uno scatto di esultanza profonda, perché ridestandosi aveva pronunciato per prima cosa il suo nome.Qualcosa che aveva a che fare col possesso e il riconoscimento.Qualcosa di così profondo che, se non si fosse opposta, avrebbe finito per precipitarvi dentro.Qualcosa che tra loro due era sempre esistito.L'aveva accarezzata.A quanto le avevano raccontato, lui era stata la prima cosa del mondo su cui aveva aperto gli occhi. Un fagottino di neonata, avvolta tra le braccia di un bambinetto di tre anni appena, che sollevava di colpo le palpebre incontrando per la prima volta due occhi blu pieni di amore e trionfo fissi su di lei.E poi uccisa.Una cicatrice che si risvegliava pulsando, lo spettro di dolore di un arto amputato, che esisteva solo nel ricordo dei nervi e bruciava, bruciava come fuoco.Lui era sete, tanta da accettare di annegare pur di riuscire a bere.«Axel».«Sono qui».

Virginia De Winter


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