A metà strada, il cielo passa da grigio scuro a quasi nero e un forte tuono accompagna le prime gocce di pioggia che cadono. Gocce pesanti, calde e grosse, che mi inzuppano in pochi secondi, come un secchio rovesciato dal cielo che mi cade sulla testa. Allungo le mani verso l'alto e verso l'esterno, come se questo potesse impedirmi di bagnarmi, e apro la bocca, cercando di inghiottire l'acquazzone, finché non mi rendo conto di quanto sia buffo il mio tentativo di fermare la pioggia.
Questo mi diverte così tanto, che rido e rido, forte e libero quanto voglio. Invece di correre verso un terreno più alto, salto più in basso, scendo dal marciapiede, sguazzo nelle pozzanghere, gioco e rido fino a casa. In tutta la mia vita fino ad ora, la pioggia ha significato stare in casa e non poter uscire a giocare. Ma ora, per la prima volta, mi rendo conto che la pioggia non è per forza negativa. E capisco anche che la tristezza non deve essere per forza negativa. A pensarci bene, credo che si abbia bisogno della tristezza, così come si ha bisogno della pioggia.
Pensieri e idee si riversano nella mia consapevolezza. Ho l'impressione che la felicità faccia quasi paura, come immagino possa essere la sensazione di essere ubriachi: davvero sciocchi e senza curarsi di ciò che dicono gli altri. Inoltre, la sensazione di felicità se ne va sempre così in fretta, e si sa che se ne andrà prima ancora di farlo. La tristezza dura più a lungo, il che la rende più familiare e più confortevole. Ma forse, mi chiedo, c'è un modo per trovare un po' di felicità nella tristezza. Dopo tutto, è come la pioggia, qualcosa che non si può evitare. E quindi, mi sembra, se ci si trova in mezzo, tanto vale cercare di trarne il meglio.
Farsi prendere dal diluvio caldo e umido quel giorno particolare, in quella terribile estate piena di guerre e incendi senza senso, è stata una cosa meravigliosa. Mi ha insegnato a capire la pioggia, non a temerla. Sapevo che ci sarebbero stati giorni in cui avrebbe diluviato senza preavviso, giorni in cui mi sarei trovata senza ombrello. Ma la mia comprensione avrebbe agito come la mia giacca a vento e i miei stivali di gomma. Mi preparava ad affrontare il tempo burrascoso, armandomi della consapevolezza che, per quanto potesse sembrare difficile, non avrebbe piovuto per sempre. Ad un certo punto, sapevo che sarebbe finita.