Dico che non riesco a identificare quella cosa che si chiama felicità, quella cosa il cui segno è una risata, o un sorriso, o una silenziosa serenità sulle labbra. Forse sono stato felice, ma ora non è nella mia memoria cosciente. Né ne sento il desiderio, come se non l'avessi mai avuta; il mio spirito cerca un cibo diverso dalla felicità, perché credo di avere il sospetto di cosa sia. Ho sofferto la miseria, ma non per l'assenza di felicità, e senza pregare per la felicità. Prego per la pace, per l'immobilità, per sentirmi come una pianta che assorbe la vita senza cercarla e che esiste senza sensazioni individuali. Sento che non ci può essere pace perfetta nell'individualità. Perciò spero di sentirmi un giorno assorbito dallo spirito pervasivo che anima tutte le cose. Sento di essere un esule qui. Continuo a vagare.