Non conosco alcuna morale da dedurre da questa visione dell'argomento [del carattere personale], se non una, cioè che dovremmo pensare ai nostri affari, coltivare le nostre buone qualità, se ne abbiamo, e irritarci meno per le assurdità degli altri, che né noi né loro possiamo evitare. Ammetto che c'è qualcosa in ciò che ho detto che potrebbe far pensare alla dottrina del peccato originale, della grazia, dell'elezione, della riprovazione o al principio gnostico secondo cui gli atti non determinano la virtù o il vizio del carattere; e in queste dottrine, nella misura in cui sono deducibili da ciò che ho detto, sono d'accordo - ma sempre con una riserva.