... un'ampia fetta della nostra popolazione sembra essersi spostata, nelle sue convinzioni culturali, verso l'uso di uno strumento di misurazione "ideale", basato in particolare sull'autovalutazione individuale di come "dovrebbe essere la propria vita", ad esempio essenzialmente priva di sintomi. Questo ci ha allontanato radicalmente dalla realtà della condizione umana, in cui la maggior parte di noi ha sintomi fisici e mentali fastidiosi per gran parte della vita. Se si guarda alla storia, ai Paesi in via di sviluppo, ai poveri o ai soldati (impegnati in una professione altamente stressante, fisicamente e psicologicamente impegnativa e sempre potenzialmente pericolosa), questa realtà è evidente. Si riconosce che questi stati di salute ideali, culturalmente sostenuti, sono nel migliore dei casi illusori. La vita è piena di traumi, paure, apprensioni, fame, dolori, malattie, fallimenti, lavori poco gratificanti e ricordi di dolore. È bilanciata da momenti di felicità e piacere, da ricordi di eventi positivi, dal fare il proprio dovere e dal resistere. La storia evolutiva della nostra specie è una storia in cui gli individui che sono sopravvissuti per continuare la linea umana lo hanno fatto di fronte a violenza estrema, fame, siccità, inondazioni, malattie e guerre.